OFFICINA - VARIE - TEORIA DELLE CANDELE

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di STefano

Parliamo della funzione della candela nel motore, della differenza tra candele calde e fredde e di come questo elemento ci possa aiutare nel curare la salute del propulsore. Spesso la si trascura o la si reputa meno importante di quello che in realtà è.  Spessissimo si va a ricercare la cuasa del malfunzionamento del motore chissà dove, quando tutto può dipendere semplicemente da lei, la candela.

Pur trattandosi di un elemento apparentemente semplice, la candela ricopre infatti un ruolo fondamentale nel nostro motore quale organo principale del sistema di accensione: ad essa è affidato il compito di incendiare la miscela compressa aria-benzina, innescando la combustione che dovrà poi propagarsi all’interno della camera di scoppio. Ciò avviene grazie allo scoccare di una scintilla tra due elettrodi, con un processo in linea di principio assolutamente analogo a quello che avviene quotidianamente nell’accensione di qualsiasi comune fornello a gas. Chiaramente le condizioni in cui ciò avviene sono decisamente diverse, e l’accensione viene favorita anche dal fatto che la miscela, per effetto della compressione e delle condizioni presenti nel cilindro, raggiunge una notevole temperatura. Vediamone allora nel dettaglio il funzionamento. Perchè la scintilla possa saltare da una punta all’altra (i due elettrodi, generalmente divisi in uno interno ed un altro esterno) la tensione della corrente deve essere molto alta (12000-18000 V, contro i 220 V della rete elettrica domestica e i 12 V dell’impianto della moto, per avere un termine di confronto). Al compito di elevare il potenziale della corrente sono preposte le bobine, veri e propri “trasformatori” di corrente. Nelle Ducati a 2 valvole dell’ultimo decennio queste sono posizionate nei pressi della batteria sotto il serbatoio, secondo dettami classici; la tecnologia giapponese più recente le vuole integrate nelle pipette delle candele (ciò è reso possibile anche dalla profondità dei pozzetti candela nei progetti nipponici). Quale che sia la posizione della bobina, la candela invece è sempre lì, in testa al motore, accessibile lateralmente sui Desmodue e centralmente sui Desmoquattro. Volendo procedere ad analizzarne l’anatomia, immaginiamocela sezionata lungo un piano longitudinale: la troveremo comunemente formata da un corpo metallico attraversato da un’astina di acciaio (l’elettrodo centrale) isolato dal resto con un involucro di porcellana, visibile anche dall’esterno. A 0,5-0,7 millimetri dalla sua punta è collocato un altro elettrodo collegato invece al corpo metallico (elettrodo di massa); chiaramente la distanza tra i due è di fondamentale importanza per un corretto funzionamento del complesso. Sul corpo è praticata una filettatura che serve per assicurare la candela sulla testa del motore, dotata a sua volta di una guarnizione metallica speciale atta ad assicurare una perfetta tenuta di compressione.

Per un normale funzionamento dell’impianto è necessario che gli elettrodi siano sempre nell’arco di temperatura compreso tra i 500° e gli 800° gradi: una temperatura inferiore porterebbe presto all’imbrattamento (e al mancato funzionamento) della candela, mentre una temperatura eccessiva provocherebbe danni agli elettrodi portando all’autoaccensione (se gli elettrodi dovessero diventare incandescenti, per esempio, la miscela non aspetterebbe certo la scintilla per incendiarsi!!! Avremo la formazione di un cosiddetto “punto caldo” con il conseguente sfasamento dell’accensione rispetto al punto previsto). Dunque la candela assume giocoforza anche un altro ruolo piuttosto importante: quello di scambiatore di calore. Ad essa è affidata l’asportazione del calore in eccesso dalla camera di scoppio, in misura maggiore o minore a seconda di quello che è il suo grado termico.  Questo dipende in massima misura dalle caratteristiche geometriche e costruttive degli elettrodi e dell’isolante; a seconda delle qualità specifiche del motore tali elementi devono essere configurati in modo tale da garantire sempre una temperatura ottimale di funzionamento attraverso lo smaltimento del calore accumulato durante la combustione. Ecco perché nella nomenclatura comune si utilizza il termine di candele “calde” e candele “fredde”: le prime sono adoperate nei motori meno sportivi, poco compressi e che raggiungono un numero di giri contenuto, dunque temperature più basse; le seconde nei motori più performanti, con elevati rapporti di compressione, in grado di girare a regimi più elevati (e che conseguentemente scaldano di più). Per capire come queste due tipologie si differenzino, basta osservare che una candela “fredda” avrà una superficie dell’isolante esposta inferiore rispetto ad una “calda” (la quale quindi garantirà un’asportazione del calore più lenta)./font>

 Per ottenere il massimo delle prestazioni dal motore è necessario far sì che la miscela bruci completamente in qualsiasi situazione, e ciò dipende proprio dal buon funzionamento delle candele. È quindi evidente come sia opportuno montare candele di tipo adatto in termini di grado termico, distanza tra gli elettrodi e lunghezza del filetto, come prescritto dal costruttore: risparmiare sulle candele comporterebbe uno spreco di benzina e un calo di prestazioni tale che... il gioco non varrebbe la candela!!! Giochi di parole a parte è essenziale soprattutto procedere ad una loro corretta manutenzione, attraverso scrupolosi controlli periodici: la candela è infatti spia del funzionamento del motore, dato che dalle sue condizioni apparenti possiamo dedurre lo stato di salute del propulsore. Anzitutto occorre seguire alcuni semplici accorgimenti nello smontaggio e nel rimontaggio di questo essenziale componente. Tutte le candele presentano un dado esagonale, ma questo può essere di dimensione diversa, a seconda del tipo di candela, nonché del costruttore; sarà allora opportuno attrezzare la nostra officina con i diversi tipi di chiavi (le migliori sono quelle dotate di innesto per cricchetto o a snodo). Lo smontaggio non dovrebbe presentare mai problemi, mentre al rimontaggio faremo molta attenzione alla presenza di impurità sul filetto o in prossimità del foro sulla testata onde evitare di “inquinare” la camera di combustione. Ricordiamo poi che la candela va sempre avvitata a mano sino a portare a battuta la guarnizione (se è nuova); dopodiché potremo serrarla con la chiave, eventualmente utilizzando anche una dinamometrica, alla coppia prevista dal costruttore.

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